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Nel volgere di un quinquennio di intensa, quasi febbrile attività di scrittura, Carlo Michelstaedter ha consegnato alla posterità i segni forse inclassificabili di un singolare "pensiero poetante". Delle due mete prospettate nella prefazione de La persuasione e la rettorica, quella di una polemica «dignità filosofica» è preclusa da un empito profetico-sentenzioso e da uno stile espressionistico e parabolico che dimostrano come il suggestivo alternarsi dell'allusività di una teoresi iconica produttrice di metafore e di figurazioni mitopoetiche, costituisca un'autentica vocazione espressiva. L'ansia di fondazione di un'etica della parola e dell'individuo innerva una poetica che si dispiega in forme sincroniche complementari ma non speculari verso un rischioso e seducente «regno» di confine fra mondo e trascendenza.